Non solo salumi, miele e formaggi: la Valtellina regala ai suoi visitatori anche un eccellente amaro.
L’amaro Braulio nasce a Bormio 140 anni fa. Da allora, viene prodotto con lo stesso metodo e con la stessa cura, utilizzando le migliori erbe della tradizione montanara valtellinese, erbe proprie di questo territorio incontaminato.
La storia di questa bevanda inizia in una farmacia, nell’Ottocento. Il dottor Giuseppe Peloni conosceva molto bene le piante e le erbe aromatiche della zona, e trasmise il suo sapere a suo figlio Francesco. Egli, alla morte del padre, ereditò farmacia e passione per le erbe e iniziò a compiere esperimenti su di esse, preparando una moltitudine di bevande ed infusi.
Ed ecco che tra le moltitudini di preparati, creò anche la ricetta dell’Amaro Braulio. Non rivelò mai la ricetta se non a suo figlio Attilio, il quale, nel 1936, pubblicò un opuscolo intitolato “In herbis salus”. Qui svelò solo una parte della ricetta del prezioso liquido, ancora oggi la ricetta rimane un segreto ben custodito, si sa solamente che sono contenute delle piante quali achillea moscata, bacche di ginepro, assenzio e radici di genziana . Neanche nell’archivio storico della famiglia Peloni se ne trovano tracce, nonostante ci siano tavole ed indicazioni di piante ed erbe risalenti agli inizi del secolo; è innegabile comunque che la ricetta è frutto di una accurata preparazione farmacologica.
La lenta maturazione e la gradazione alcolica crea l’amaro: il procedimento prevedeva e prevede ancora oggi l’invecchiamento di due anni in botti di rovere di Slavonia, fondamentali per conferire aroma.
Il periodo, per il Braulio Riserva, viene aumentato a tre anni: esso è prodotto in quantità limitate ed è molto più deciso e forte dell’amaro classico. Da semplice liquido curativo, ora si beve come digestivo, ma anche come aperitivo insieme a del vino bianco frizzante. Non si presta ad essere accostato ad altri alcolici, meglio quindi goderselo a temperatura ambiente o freddo, oppure con aggiunta di qualche cubetto di ghiaccio.
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